STORIA RECENTE

L’area identificabile come Pratone di Torre Spaccata è un enorme vuoto urbano, miracolosamente scampato all’edificazione e quindi non ancora compromesso da quella speculazione edilizia che nel corso degli anni ha soffocato i quartieri che lo circondano. 

Il Pratone di Torre Spaccata ha ancora oggi i connotati di un’enorme area verde, la cui estensione si aggira tra i 50 e i 60 ha, e si sviluppa tra i quartieri di Torre Spaccata e Don Bosco, avendo per confini viale P. Togliatti ad Ovest, via di Torre Spaccata a Sud Est e a Nord le vie M. Lizzani, P. Sommariva e via R. Fancelli.

Per comprendere al meglio l’importanza del Pratone, da un punto di vista storico e ambientale, quindi per capire fino in fondo il senso e la necessità della missione dello scrivente Comitato, occorre ripercorrere almeno la sua storia recente.
Seppur libera da costruzioni e da insediamenti antropici, date le sue caratteristiche e la sua posizione, l’area era stata interessata negli anni della speculazione edilizia, da notevoli quantità di riporti, costituiti sia da occasionali discariche di materiali edilizi di risulta, che da più imponenti riempimenti verso Sud(1).

L’interesse archeologico per l’area in questione trova invece i primi riscontri a partire dagli anni ’80, come testimoniano le ricognizioni di superficie (BIETTI SESTIERI 1984) e le indagini preventive effettuate proprio in quegli anni dalla Soprintendenza Archeologica di Roma (REA 1985).

Il punto di svolta nella narrazione della vita recente del Pratone di Torre Spaccata, potremmo storicamente individuarlo con l’inserimento dell’area nel progetto di riorganizzazione urbanistica conosciuto come Sistema Direzionale Orientale: per chi non ne ha memoria e per chi semplicemente non ne ha mai sentito parlare, per S.D.O. si intende quel progetto urbanistico, nato già negli anni ’60, avente per obiettivo la riorganizzazione e la ricollocazione delle infrastrutture direzionali della città di Roma, dal centro storico alla periferia, in particolar modo in quella orientale. La creazione di un unico polo direzionale sarebbe stata compresa in un più ampio progetto che avrebbe garantito una distribuzione regolata di servizi, verde ed aree pubbliche nel quadrante orientale della città.

Inserito nel comparto di Centocelle, uno dei fulcri per l’attuazione di parte dei Comprensori Direzionali Orientali, come appendice di quella lunga porzione di territorio che oggi rappresenta l’incompiuto progetto del Parco Archeologico, il Pratone di Torre Spaccata viene subito considerato strategico, data la particolare posizione, per la realizzazione della diramazione urbana dell’autostrada Roma-Napoli: da qui la necessità delle prime indagini archeologiche, già citate e risalenti agli anni ’80.
Come tutte le altre aree rientranti nel progetto succitato, il Pianoro di Centocelle viene quindi interessato da campagne di indagini archeologiche a carattere preventivo, svolte dalla Sovraintendenza Comunale BB.CC. in accordo con la Soprintendenza Archeologica di Roma. A seguito degli incredibili reperti portati alla luce da queste, l’area del Pianoro di Centocelle viene distolta dalla destinazione d’uso cui l’aveva relegata il progetto del Sistema Direzionale, per diventare un parco pubblico tutelato dai vincoli archeologici.

Perché questo fu decisivo per il mantenimento dello status quo del Pratone di Torre Spaccata? Facile a dirsi: venendo meno la costruzione del centro direzionale di Centocelle, veniva meno la necessità della costruzione di un ramo urbano dell’autostrada del sole, passante per il quartiere di Torre Spaccata. Pur avendo scampato l’ennesimo attentato alla sua natura di area verde, di certo il Pratone non poteva dirsi al sicuro da altri pericoli.

Schivata l’eventualità di diventare una lingua di cemento che avrebbe ulteriormente ingrigito il panorama già densamente edificato dei quartieri che lo circondavano, oggi come allora, il Pratone di Torre Spaccata rimaneva pur sempre un corposo frammento di area verde da urbanizzare: non restava che definirne la nuova destinazione d’uso. Ed è in questo periodo, in modo particolare tra il 1997 e il 1998, che l’area viene interessata da nuove campagne di indagini archeologiche; ed è grazie al meraviglioso lavoro svolto dalla Sovraintendenza Comunale BB.CC. in accordo con la Soprintendenza Archeologica di Roma, che vedono la luce i tesori che il Pratone aveva custodito in più di duemila anni di storia e che rischiavano di essere distrutti per sempre da una discutibile visione pianificatrice degli amministratori locali. 

Tali lavori vennero ulteriormente approfonditi nel 2006, per volontà della proprietà del tempo, la Quadrante S.p.a che era succeduta negli assetti proprietari alla precedente Sistemi Urbani, permettendo: una più precisa definizione dell’estensione e della cronologia di due aree di interesse archeologico già note; di individuare nuove strutture di interesse archeologico; di conoscere in modo più puntuale l’area dal punto di vista geologico.

Per concludere la narrazione di questo periodo storico che ha portato alla ribalta il valore storico e culturale del Pratone di Torre Spaccata e del Pianoro di Centocelle, possiamo dire che pur affondando le sue radici in tempi relativamente distanti e nonostante sia stato rilanciato più volte dagli amministratori locali succedutisi nel tempo alla guida di Roma, il progetto S.D.O è stato gradualmente accantonato e poi definitivamente superato, con il Piano Regolatore Generale del 2008: questo sostituiva l’idea di concentrazione degli uffici direzionali in un unico territorio, con quella di equa distribuzione tra municipi.

Per quel che riguardava l’area del Pratone di Torre Spaccata, citando le parole di chi ha il grande merito di aver dato, con il suo lavoro, la speranza di un utilizzo migliore di un’area culturalmente ed ecologicamente così preziosa: “il P.R.G. del Comune di Roma del 2008 dedicava a quest’area una specifica destinazione, che prevedeva la realizzazione di volumetrie pubbliche e private, con servizi, impianti sportivi e attività culturali, per circa 600.000 metri cubi; ma soprattutto dedicava la gran parte della nuova centralità urbana a un parco (connesso alle preesistenze archeologiche in situ ed al contiguo parco archeologico di Centocelle) finalmente in grado di mettere in comunicazione i quartieri dei municipi limitrofi, riqualificando definitivamente un territorio storicamente irrisolto sul quale per decenni si erano riversate potenti mire speculative. 

Questa proposta di assetto si doveva non solo alla presenza dei numerosi insediamenti archeologici ma anche alla tenacia dei cittadini di quei quartieri, già così densi di edificato, che con le loro battaglie hanno fatto in modo che per la l’area di Torre Spaccata si passasse dai 2.000.000 di metri cubi di edificazione previsti nella prima stesura del Piano, ai 1.200.000 metri cubi della seconda versione, fino agli attuali 600.000(2).”

A distanza di tanti anni, il Comitato per il Pratone di Torre Spaccata Parco Archeologico e Naturalistico si propone di rinnovare l’azione di cittadinanza attiva a difesa del territorio, partendo dal presupposto che le mutate esigenze congiunturali abbiano ormai superato anche quest’ultima visione urbanistica della città: non c’è più spazio a Roma, tanto meno a Torre Spaccata, per ulteriori cubature, per cui diciamo NO all’atterraggio di 600.000 metri cubi di cemento nell’area e NO a qualsiasi forma di compensazione.

Il Comitato, però, nell’auspicio che l’incedere degli anni abbia effettivamente garantito una maggiore diffusione dell’idea di uno sviluppo culturale e sostenibile delle periferie urbane, non vuole porsi come punto di esclusiva rottura, ma di dialogo con le istituzioni, che vogliano utilizzarlo come un ponte per raggiungere tutti quei cittadini che immaginino per il Pratone di Torre Spaccata un solo futuro: quello di un grande Parco Pubblico, Archeologico e Naturalistico, in continuità con il Parco Archeologico di Centocelle.

NOTE:

  1. Torre Spaccata: Roma S.D.O. le indagini archeologiche, P.Gioia, Rubettino editore, Cap.1 p.10
  2. Torre Spaccata: Roma S.D.O. le indagini archeologiche, a cura di P.Gioia, Rubettino editore, Cap.1 p.11