L’ampliamento degli studios di Cinecittà a Torre Spaccata non si farà, è stato stralciato dagli obiettivi del PNRR, questa è la notizia.
Non ci sono i tempi e forse neanche i soldi sufficienti, nonostante il progetto sia stato presentato all’epoca da Draghi a Cinecittà come punta di diamante di tutto il recovery italiano.
Ma allora la domanda sorge spontanea: perché mai mantenere come obiettivo l’acquisto dei terreni di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti da parte Cinecittà Spa?
Uno strano giro di soldi da Mef a Mef, che controlla sia CDP sia Cinecittà. Un investimento al buio di risorse pubbliche che, come ha sottolineato già la Corte dei Conti, non garantisce alcun risultato certo per l’assenza di coperture finanziarie per la realizzazione delle opere.
È dall’inizio della battaglia per il #PratonediTorreSpaccata che diciamo a gran voce che la volontà politica di 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗹’𝗮𝗺𝗽𝗹𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼𝘀 𝗱𝗶 𝗖𝗶𝗻𝗲𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗿𝗲𝗮 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗼𝗻𝗱𝗲𝘃𝗮 𝗶𝗹 𝘁𝗲𝗻𝘁𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗶 𝗴𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗶𝗿𝗲 𝗮 𝗖𝗮𝘀𝘀𝗮 𝗗𝗲𝗽𝗼𝘀𝗶𝘁𝗶 𝗲 𝗣𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝘁𝗶, proprietaria di 48 dei 58 ettari e di gran parte dei diritti edificatori che su di essa insistono, 𝘂𝗻 𝗽𝗮𝗿𝘇𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗿𝗲𝗰𝘂𝗽𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝘃𝗮𝗹𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗺𝗺𝗼𝗯𝗶𝗹𝗲 che la società ha in bilancio dal 2012.
Perché era una voce di bilancio troppo pesante, gonfiata da una girandola di compravendite in cui il pubblico ha fatto realizzare plusvalenze incredibili a grandi gruppi immobiliari privati nel più grande di tutti i fallimenti della politica romana, il Sistema Direzionale Orientale. Da lì discendono le cubature del Pratone, dalla buonuscita gigantesca e illecita che il pubblico ha dato al privato per quel fallimento.
Siamo stati costretti a giustificarci di fronte a chi ci accusava di non capire l’importanza economica e occupazionale di un possibile investimento di Cinecittà su questo territorio, e abbiamo risposto che non siamo contro l’ampliamento tout court ma di realizzarlo eventualmente su un’area già edificata, piuttosto che su un corridoio ecologico che fa parte di un grande sistema ambientale e archeologico.
Il progetto di Cinecittà, forte del suo sponsor europeo – il PNRR – non fa altro che aumentare il rischio di vedere realizzate sul Pratone tutte le cubature che il Piano regolatore di Roma prevede dal 2003 e che finora non avevano fortunatamente oppresso con nuovo cemento un quadrante già fortemente urbanizzato.
Fino ad ora non sono serviti gli inviti che abbiamo rivolto alle amministrazioni di portare avanti un percorso di censimento di aree alternative sulle quali realizzare il progetto senza consumare nuovo suolo.
Fino ad ora non si è prestata attenzione a chi esprimeva preo
ccupazione riguardo alla realizzazione di una centralità urbana erede di un modo di concepire la città che non ha dato buoni risultati lì dove è stato applicato.
Fino ad ora non è stata ascoltata la voce dei cittadini, che in migliaia si sono espressi attraverso una Petizione online e una delibera di iniziativa popolare per dire basta al cemento e per chiedere che il Pratone non venga edificato.
Fino ad ora non ha prodotto risultati la campagna contro il consumo di suolo lanciata dal WWF Roma proprio a partire dal Pratone, o l’invito della Sovrintendenza Capitolina ad accogliere le richieste di chi chiede a gran voce un Parco archeologico invece di nuove costruzioni.
Oggi, alla luce della rimodulazione dell’investimento per l’ampliamento degli studios richiesta dal Governo all’UE, che permetterebbe a Cinecittà Spa di utilizzare i fondi del PNRR solo per acquistare parte del Pratone, senza vincoli di forma o di sostanza, senza un progetto vero e proprio che la città possa quantomeno conoscere, ci chiediamo: cosa altro serve per dare credito alle nostre istanze?
Mentre l’Unione Europea approva la Nature Restoration Law per portare avanti il ripristino della biodiversità e degli habitat in ambito rurale e urbano, come si giustifica la costruzione e la cementificazione https://www.repubblica.it/…/pnrr_dagli_asili_nido_agli…/
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